Oltre la punta dell’iceberg

Stiamo guardando solo la punta.
L'attenzione è sulla parte sbagliata.

Il MIT con Project Iceberg ha fatto una cosa che mancava.

Quasi il 12% del valore salariale in USA, parliamo di 1,2 trilioni di dollari, è già oggi tecnicamente eseguibile dall’IA.

Distribuiti in modo silenzioso tra attività cognitive, amministrative, operation, back office, knowledge work ripetitivo. Il lavoro che tiene in piedi le organizzazioni. Il lavoro che nessuno mappa davvero.

Questo è il punto chiave che in molti stanno evitando, un’interessante metrica nuova: l’esposizione tecnica. O meglio: sovrapposizione tra capacità umane e capacità artificiali. E l’unità di misura sono le competenze.

Era industriale: KPI tradizionali (operazioni e performance)
→ Produzione oraria e utilizzo della capacità produttiva
→ Tempo di esecuzione…

Era digitale: KPI digitali e di crescita
→  Utenti attivi mensili
→  Costo di acquisizione clienti…

Era dell’IA: KPI avanzati (IA e competenze)
→  Produttività aumentata dall'IA
→  Velocità delle competenze
→  Riduzione del carico cognitivo…

Quando il lavoro viene scomposto in task cognitivi, l’IA non sostituisce solamente. Interagisce, influenza, propaga decisioni.

La ricerca è stata sviluppata grazie all’impiego del supercomputer Frontier, attualmente tra i più potenti al mondo, considerando fattori come la maturità tecnologica, i comportamenti di adozione e le specificità regionali. "Stiamo creando un gemello digitale per il mercato del lavoro statunitense", spiega Prasanna Balaprakash co-leader della ricerca. Un gemello che permette ai policy maker di testare scenari ipotetici.

Qui entra in gioco il "Ripple Effect Protocol".
Tradotto nel mondo reale: le aziende non collassano perché introducono l’IA. Collassano perché non ridisegnano i meccanismi di coordinamento.

Stesso discorso su risorse condivise.
Stessa dinamica su decisioni collettive.
Quando manca trasparenza sulle intenzioni, vince il breve termine.
Quando le sensibilità diventano visibili, emerge cooperazione senza controllo centrale.

Questo è il vero messaggio dell’iceberg:
sotto la superficie non c’è solo lavoro automatizzabile, c’è un nuovo layer operativo da progettare e coordinare.

La partita si gioca su processi, sulla compliance, interdipendenze, feedback loop.
E sulla capacità di governare sistemi uomo-IA prima che diventino instabili.

L’IA non sta creando il caos. Semplicemente lo accelera dove il coordinamento era già fragile.

Chi continua a guardare solo occupazione e PIL arriva tardi.
Quando il “danno” è fatto.
Quando le competenze sono già obsolete.
Quando il cambiamento è già avvenuto senza governance.

Formazione mirata.
Redesign di ruoli.
Operating model ripensati.
Investimenti su competenze che non collassano alla prima automazione.
Capite anche voi che si tratta di giocare d’anticipo.

Sotto la superficie l’iceberg è enorme.
Ignorarlo è una scelta strategica: sbagliata.

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From Data to Profit di Vin Vashishta