Intelligenza Artificiale in 4D di Stefano Gatti e Alberto Danese

PERCEZIONE AUMENTATA

Il 2025 è stato l’anno in cui l’IA è diventata abitudine.

L’abbiamo “accolta” nei gesti minimi, nelle conversazioni, nel lavoro e persino nella distrazione. Il 2026 sarà l’anno in cui dovremo iniziare a comprenderne le conseguenze: sociali, culturali, aziendali, economiche.

E proprio in questo tornante storico “Intelligenza Artificiale in 4D” di Stefano Gatti e Alberto Danese appare come un testo utile. Non tanto un libro sull’IA, ma un richiamo alla responsabilità cognitiva di chi abita la tecnologia senza capirla davvero.

Gatti e Danese restituiscono all’IA la sua dimensione, strappandola al linguaggio dell’hype e riportandola ad un pensiero critico e poi pratico. 

Il libro non lo leggerei tanto come manuale, ma come mappa cognitiva che attraversa dimensioni interconnesse, concetti, protagonisti, apprendimento, mercato, dove la conoscenza non procede per capitoli ma per connessioni, come nei sistemi complessi che l’IA stessa imita. L’opera mostra l’architettura invisibile dell’IA, dove ogni decisione automatizzata diventa una scelta strategica, ogni algoritmo un'importante interazione “culturale” con la macchina.

Dietro ogni modello si nasconde però una domanda: chi decide cosa vale come conoscenza? È qui che la prospettiva dell’edizione si interseca con le tendenze globali.  L’IA che si fa agente autonomo, capace di agire e non solo di rispondere, introduce un nuovo soggetto nel tessuto sociale: una “agentic AI” che non assiste ma agisce, non suggerisce ma coordina. Sarà qui un altro enorme potenziale. Ma serve volontà, serve “sporcarsi le mani”, giustamente fanno notare gli autori. Finiamola con la cultura delle slide. Oggi abbiamo la possibilità di ritrovare la capacità di distillare quegli spunti e quelle analisi che saranno la base di una forma mentis tutta da costruire.

Il lavoro, prima disgregato, poi ricomposto dalla logica macchinica, impone di ridefinire il concetto stesso di competenza (e di pensiero critico, aggiungo). L’IA diventa tangibile e noi non abbiamo che da sbizzarrirci grazie alla nuova elettricità. Da un lato più esigente, dall’altro più costosa.

L’edizione, praticissima e agilissima, opera come antidoto. Questa bussola mostra drammaticamente come il vero problema sia nella pigrizia cognitiva degli uomini, non tanto l’intelligenza delle macchine. Gli autori ci costringono a vederla, a interrogarla, a ricollocarla nel campo del giudizio umano. Nessuna tecnofobia né adorazione.

Nessun destino ma un linguaggio che riguarda tutti.

Un linguaggio che dovrebbe essere compreso prima che sia troppo tardi.

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Nuove intelligenze, a cura di Emilio Mango